Una storia drammaticamente attuale che, alla luce dei recenti eventi, ci fa riflettere.

SCHEDA DEL FILM

  • TITOLO ORIGINALE: Il vento fa il suo giro
  • REGIA: Giorgio Diritti
  • INTERPRETI: Thierry Toscan, Alessandra Agosti, Dario Anghilante, Giovanni Foresti
  • SCENEGGIATURA e SOGGETTO: Giorgio Diritti, Fredo Valla
  • FOTOGRAFIA: Roberto Cimatti
  • MUSICHE:Marco Biscarini, Daniele Furlati
  • PRODUZIONE: ARANCIAFILM Imago Orbis Audiovisivi
  • DURATA: 110 min

Interessante è la storia che racconta il film, com' è altrettanto interessante la storia del film stesso: degli attori non professionisti che hanno contribuito a finanziare l'opera e la solita miopia della distribuzione che lo ha completamente ignorato. Ma il passaparola ha fatto si che la pellicola, dove ha trovato spazio, ha avuto un ottimo riscontro con sale affollate - a dimostrazione che le dinamiche della distribuzione seguono criteri e regole misteriose e incomprensibili.
Il film affronta in maniera sincera e diretta temi come l'accettazione dello straniero, la montagna che si spopola, la chiusura e diffidenza delle comunità montane.
Philippe è un pastore francese costretto dalla costruzione di una centrale nucleare a trovare nuovi pascoli per le sue capre e un luogo dove vivere con la sua famiglia. Il peregrinare di valle in valle lo porta in un paesino della provincia di Cuneo. Philippe, che è un professore che ha scelto la vita dura di montagna per guadagnarsi da vivere producendo latte e formaggi, nonostante la diffidenza di una comunità chiusa trova casa e viene ben accolto, grazie anche all'aiuto dal sindaco, perché i vecchi del paese vedono in lui un segnale di risveglio per la vallata. Ma l'integrazione non è solo accertare e tollerare chi viene da fuori, è un processo più ampio e complesso. E' un incontro, una fusione tra chi ospita e l'ospitato. E' un accettarsi a vicenda nonostante storie, culture e modi di pensare ed agire diametralmente opposti. E tutti devono collaborare affinché quell'incontro e quell'integrazione funzionino. L'ospite con il rispetto che deve alla storia e alle tradizioni di chi lo ospita, e il locale nei confronti di chi viene da fuori e la sua storia. Un'accettazione reciproca e totale necessaria se si vuole che l'integrazione sia completa e funzionante.
Ma tanto è difficile questo, quanto facile rovinare tutto.
Philippe ha un carattere forte, non semplice. Non scende a compromessi neppure quando questi potrebbero salvare la situazione. Le capre pascolano ovunque e qualcuno comincia a lamentarsi. Lui non capisce, dopotutto pascolano in terreni oramai abbandonati, anzi contribuisce a tenerli in ordine e puliti. Ma il seme del dubbio, dell'ostilità, del pericolo che viene da fuori è oramai gettato. Non viene più visto come un elemento che arricchisce ma come un elemento destabilizzante. Se succede qualcosa la colpa è sicuramente dello straniero. E, a poco a poco, la timida accoglienza si trasforma in diffidenza e poi in vera e propria ostilità. L'unico - oltre al sindaco - ad accettare senza problemi la famiglia del francese è un ragazzo con problemi psicologici, quello che viene comunemente chiamato "scemo del villaggio" (bisogna essere pazzi per sperare in una pacifica convivenza?). Alla fine il francese si arrende. Vince l'ottusità, la chiusura. Lui e la famiglia se ne vanno proprio mentre arriva la tv a mostrare le bellezze e la storia di quei luoghi.
Raccontando una piccola storia di una piccola comunità, il film ci porta, in realtà, a fare delle considerazioni sull'integrazione. Prima eravamo noi ad emigrare e altri ad ospitarci, poi viceversa.
La scena finale vuole forse lasciare un barlume di speranza: un giovane ragazzo accende il fuoco (il focolare della casa) e riflette. "Il francese" e la sua famiglia hanno "seminato" qualcosa e quel ragazzo sta forse a simboleggiare un nuovo inizio. Come il vento che fa il suo giro...