Dalle api dipende gran parte della produzione di frutta e verdura eppure questi straordinari insetti fanno sempre più fatica a vivere in un ambiente inquinato e sfruttato, come ci racconta l'apicoltore biologico Giuliano Marini
Ha iniziato a fare l'apicoltore alla fine degli Novanta e oggi è titolare dell'azienda agricola Canais di Billerio di Magnano in Riviera, che ha oltre duecento arnie sparse in provincia di Udine e da vent'anni è specializzata nella produzione di miele biologico. Per la dedizione che richiede il suo lavoro e per il rapporto che lo lega alle sue piccole “collaboratrici”, si definisce il “maggiordomo solo delle api” con cui, spiega, bisogna vivere in simbiosi. Più che un mestiere, la sua è una filosofia di vita, basata sulla difesa della biodiversità, sul rispetto dell'ambiente e dei ritmi naturali. A “Distanza minima” la redazione di WheelDM ha incontrato Giuliano Marini che ci ha guidati alla scoperta dello straordinario mondo che c'è dietro un vasetto di miele. Un mondo sempre più fragile e in pericolo.
Com'è nata la sua passione per le api e il miele?
È nata per caso. Ero interessato al mondo dell'agricoltura e una mia cugina aveva un'azienda agricola insieme al marito, il quale aveva le api. Ho fatto alcune stagioni estive per fare esperienza presso la loro azienda e poi ho preso nel 1996 i miei primi otto alveari e da lì sono partito.
Fare l'apicoltore è un lavoro impegnativo?
Dipende se uno lo fa come mestiere. Se diventi un professionista e quindi hai diversi alveari è impegnativo per diversi mesi all'anno. Chiaramente i mesi invernali sono abbastanza tranquilli. Con marzo si ricomincia a visitare le api e diventa un lavoro quotidiano nei mesi di aprile maggio e giugno.
Perché si fa chiamare il maggiordomo solo delle api?
Perché io, innanzitutto, mi prendo cura delle api. Perché i padroni di casa in queste aziende sono le api. Cerco di capire se ci sono problemi e come posso aiutarle a stare meglio. Le api senza gli apicoltori farebbero fatica adesso a vivere in natura, non riuscirebbero da sole. Quindi è capitato che in una scuola, mentre raccontavo che mi metto a disposizione delle api, un bambino ha detto: “Allora sei il maggiordomo, perché fai quello che dicono le api”. Lì è nata questa cosa del “maggiordomo delle api”. E poi “solo” delle api è stato aggiunto da una mia amica.
Com'è scandito l'anno dell'apicoltore?
Le famiglie delle api cominciano a entrare in attività a febbraio.
Poi ad aprile comincia a esserci il periodo della sciamatura e lì bisogna intervenire a seconda della forza delle famiglie o della zona: in pianura rispetto alla collina le api partono prima perché è un pochettino più caldo e quindi bisogna andare a vedere che non sciamino, perché la sciamatura è quella situazione che serve alle api per moltiplicarsi. La regina vecchia prende e se ne va insieme alle api bottinatrici. Se succede questo e subito dopo c'è la fioritura, le api portano a casa poco miele sia per loro che per l'apicoltore di conseguenza non hai una produzione di miele. Ad aprile e maggio cominciano a esserci le fioriture di ciliegio, acero, acacia e poi di conseguenza delle altre piante in giugno e luglio e si entra nella produzione.
Naturalmente poi c’è anche il lavoro in laboratorio, per smielare, invasettare, etichettare.
Quindi a un certo punto lavori di giorno sulle api e la sera o nei momenti un po' più tranquilli, come nelle giornate di pioggia, in laboratorio per preparare il miele. La stagione finisce più o meno verso ottobre quando le api vanno verso l'inverno e quindi si tranquillizzano e le devi preparare in modo che abbiano abbastanza scorte di miele per l'inverno.
Bisogna avere conoscenze botaniche?
Un minimo è indispensabile. Poi le conoscenze te le fai con l'esperienza o puoi studiare sui libri o fare anche qualche piccolo corso di formazione.
Più sai di botanica, più sei in grado di conoscere i periodi delle fioriture, se una fioritura è buona, in che zona ci sono più fioriture di una specie piuttosto che di un'altra.
Cosa si intende per apicoltura sostenibile, per miele biologico?
Miele biologico vuol dire semplicemente che l'apicoltore non deve nella maniera più assoluta usare prodotti chimici dentro l'alveare.
Biologico vuol dire anche che devi tenere le api in zone a basso impatto ambientale. Cioè non puoi tenere gli alveari fuori da un'autostrada o vicino a una discarica o dove ci sono grandi coltivazioni intensive.
Bisogna tenerle in zone dignitose, dove c'è meno inquinamento possibile.
Ci sono controlli?
Chi ha un'azienda biologica viene controllato da un ente certificatore almeno una o due volte all'anno. Ci sono delle analisi che vengono fatte sul miele e altre sulla cera. Fanno dei controlli per vedere se trovano residui chimici non derivati dall'agricoltura intensiva, ma da prodotti usati dalla apicoltore magari di nascosto o antibiotici. Tutte queste cose sono assolutamente vietate. Nell'agricoltura convenzionale invece uno può tenere le api a fianco all'autostrada e può usare prodotti chimici.
La sua azienda propone l'adozione di un alveare, come funziona?
La proposta dell'adozione degli alveari ha 16 anni di vita, è nata nel 2008 quando c'è stata una grande moria di api un po' in tutta l'Italia, morie di alveari causati dai neonicotinoidi, un trattamento che veniva usato per il mais.
Io ho avuto una moria di più del cinquanta per cento di api e a un certo punto mi sono chiesto se dovevo chiudere l'azienda.
Poi mi è nata l'idea di chiedere agli amici se volevano adottare un alveare. Ha preso talmente piede che mi ritrovo dopo 16 anni a continuare a farlo. Attraverso le adozioni cerco di sensibilizzare la gente sulle difficoltà che hanno le api.
Una volta adottato l’alveare, cosa succede?
Chi fa un'adozione, in cambio della quota prevista, dà un nome a un alveare, sceglie l'apiario tra quelli che ho a disposizione.
Ogni mese poi scrivo una email agli adottatori e mando delle foto e dei video del mio lavoro.
A settembre poi si fa la festa durante la quale agli adottatori vengono consegnati 12 vasi da mezzo chilo di miele misto, a seconda di quello che le api avranno raccolto durante la stagione.
Quante api può contenere un alveare?
In primavera in un alveare ci sono circa 10 -12.000 api, poi il numero aumenta fino ad arrivare a giugno, al massimo del popolamento, anche a 50.000. A luglio già cominciano a sentire che devono prepararsi all'inverno, quindi la regina inizia a depositare meno uova e quindi il numero comincia a calare.
Quanto vive un'ape?
Un'ape vive tra i 35 e i 40 giorni. I primi 20 giorni li passa dentro l'alveare a fare lavori come pulire le celle, produrre cera, nutrire le larve, nutrire la regina, deumidificare il miele o fare la guardiana all'ingresso. Dopo venti giorni diventano bottinatrici e cominciano a uscire per andare a raccogliere nettare, polline e propoli.
Marini durante l’intervista
Come si orientano le api? Come ritrovano l'arnia anche se sono in “trasferta” in un altro territorio?
Si orientano col sole. Le api giovani, quando escono per la prima volta dall'alveare, fanno un giro di orientamento in base al sole. Quindi gli ingressi degli alveari vanno messi sempre a sud est, in modo tale che loro, uscendo, riescano a memorizzare la posizione del sole. E in base a quella hanno la capacità di tornare all'alveare. Se durante il giorno dovessi spostarlo anche solo di due metri, le api che sono in giro tornerebbero alla posizione iniziale, dove non ci sarebbe nulla.
Quali sono i nemici e i principali pericoli per le api?
Il nemico numero uno siamo noi, il genere umano per tutto quello che abbiamo cementificato, per il modo in cui coltiviamo l'agricoltura intensiva, per i prodotti chimici, l'uso delle macchine, l'inquinamento atmosferico e del pianeta, i cambiamenti climatici che stiamo causando. Le api sono sentinelle dell'ambiente, percepiscono e subiscono prima di noi esseri umani ogni problema.
Se un'ape passa subito dopo un trattamento come il diserbo di una vigna piuttosto che di un qualsiasi altro seminativo e respira le particelle del diserbante o va su un fiore trattato con diserbante, non ha scampo. Muore subito, immediatamente. Poi in natura principalmente i calabroni e poi c'è la varroa, un acaro che si nutre delle larve delle api, vive dentro l'alveare e non è facile debellare.
Bisogna lasciare un po' del loro miele perché si nutrano?
Bisogna lasciargli molto miele. L'apicoltore dovrebbe portare via meno miele di quello che loro portano in una casa. In una fioritura normale, di bel tempo, le api portano a casa tantissimi chili di miele. Se l'apicoltore porta via tutto il miele, poi, per il nutrimento delle api, dovrà integrare con lo zucchero. Non penso proprio che le api siano contente di portarsi a casa miele e mangiarsi zucchero di barbabietola, di canna o altri tipi di sciroppo.
Quindi l'apicoltore deve stare attento a portare via quel po' di miele che gli serve per il suo lavoro, per il suo reddito, ma deve lasciare più miele possibile alle api. Ci deve essere un equilibrio.
Come si riconosce il miele buono?
Ci sono mieli che si chiamano adulterati, fatti per ingannare il consumatore, in cui viene aggiunto dello sciroppo o fatti altri trattamenti per vendere un prodotto scarso, chiamato miele ma che in effetti non è miele. Se invece parliamo di miele non adulterato, la qualità dipende dall'attenzione dell'apicoltore nel portare a casa il miele quando è maturo, quando ha una certa percentuale di umidità non troppo elevata.
Quella ideale è intorno al 17% e consente al miele di conservarsi in modo naturale. Se il miele viene scaldato o pastorizzato questo lo danneggia a livello organolettico, rovina le sue caratteristiche e uccide gli enzimi e le vitamine.
Ci sono delle piccole attenzioni che l'apicoltore deve avere in sala di smielatura.
Il consumatore, di conseguenza, dovrebbe avere un minimo di conoscenze e poter chiedere all'apicoltore di fiducia come lavora, dove tiene le api, come le tratta e che cosa fa al miele. Facendo queste domande uno può arrivare a capire se quel miele è più o meno buono, più o meno di qualità.
Qual è il miele più raro?
Limitandosi al Friuli, il miele più raro è quello di marasca che si fa solo nel Carso triestino e sloveno. È una ciliegia selvatica che si trova solo lì e che ha la particolarità di andare in fiore molto presto.
Per riuscire a raccogliere questo miele bisogna cominciare a preparare le api l'anno prima. È un miele amarognolo che ricorda un po' la mandorla.
Oltre a essere raro è anche molto pregiato.
Perché le api sono importanti per il nostro ecosistema?
Sono importanti per l'impollinazione e la riproduzione delle piante. Certo l'impollinazione avviene anche attraverso il vento che trasporta il polline, ma l'ape è molto più precisa. Quando si sposta di fiore in fiore si porta dietro il polline sul corpo e assicura la fecondazione delle piante e dei fiori. Sono fondamentali per l'ecosistema. Senza le api e gli altri insetti impollinatori dicono che non avremmo il 70 per cento della frutta e della verdura prodotti in natura.
Qual è la situazione dell’apicoltura nel nostro territorio?
Vista dalla parte delle api non è una bella situazione. Perché trovano sempre meno “pascolo”, cioè possibilità di trovare nutrimento dai fiori, a causa delle monoculture, del fatto che cementifichiamo sempre di più, che ci sono sempre meno prati e meno alberi di interesse nettarifero o pollinifero per le api. Trovano sempre meno da mangiare, mangiano meno e mangiano male. Così sono debilitate, sono api che non sono estremamente felici della loro vita
Alcuni dei tipi di miele prodotti da Marini
Come reagiscono le api ai cambiamenti climatici?
Reagiscono con difficoltà perché i cambiamenti climatici sono più veloci della loro capacità di adattamento. E questo vuol dire che l'apicoltore deve aiutarle, sostenerle con l'alimentazione. L'altro anno, con tutto il caldo che c'è stato, per la prima volta in 25 anni ho dato da bere alle api. Non mi era mai successo. Le api bevono tantissima acqua perché gli serve per deumidificare il miele e creare la temperatura giusta dentro l'alveare. I fiumi erano secchi e non pioveva, così io, come penso tanti altri apicoltori, sono intervenuto portandogliela.
Cosa possiamo fare nel nostro piccolo per aiutare le api?
Penso che dobbiamo fare più attenzione a come impattiamo su questa terra dove viviamo. Il nostro impatto deve essere il più leggero possibile. Dobbiamo abbassare i nostri consumi e le nostre pretese, solo in questo modo possiamo aiutare le api e non solo loro: consumando meno e avendo uno stile di vita più semplice.
È utile piantare fiori nei dintorni di un alveare?
Certo, sono piccole cose che possiamo fare nel nostro giardino, nel nostro orto, sul balcone. Ci sono fiori nettariferi e altri che sono polliniferi, cioè fanno polline e nettare e sono utili alle api, come la calendula o il girasole. E poi un giardino o un orto con dei fiori è anche più bello da vedere. Se tra una fila e l'altra di pomodori e insalata, metto del tagete, che è una pianta piccola o dell'iperico, l'orto prende colore e ci arrivano le api.
Gli apicoltori dialogano con i coltivatori per limitare l’uso di prodotti chimici?
È una domanda molto impegnativa. In altre zone d'Italia ci sono le associazioni che si sono messe al tavolo per confrontarsi qui, purtroppo, c'è stata l'esperienza di apicoltori e coltivatori di seminativi, principalmente di mais, che invece si sono scontrati. Ci sono stati anche dei processi che hanno visto confrontarsi le ultime due ruote del carro, l'apicoltore e il coltivatore. Adesso ci sono delle normative che impediscono l'uso indiscriminato dei prodotti chimici, ma un dialogo vero e proprio non c'è.
Cos’è il Conapi e quali obiettivi si prefigge?
Il Conapi è una cooperativa di apicoltori nazionale di cui sono socio. Conferisco il miele al Conapi che poi lo invasetta e lo vende col nome Mielizia. Gli apicoltori che aderiscono sono circa 300 da tutta Italia, metà fanno agricoltura biologica e metà tradizionale. Il Conapi punta molto sulla qualità del miele e fa dei controlli sulla qualità del miele del socio apicoltore. Quando gli arriva il miele, analizzano tutti i lotti con il loro laboratorio interno per avere sempre del miele di alta qualità.
Qual è la cosa più importante che ha imparato dalle api?
La pazienza. Per stare con le api devi essere paziente. Io mi avvicino agli alveari senza grandi protezioni, solo con la maschera, senza guanti e in pantaloncini corti. Ho imparato ad avere un contatto fisico con le api, a mani nude. Se fai così, non puoi essere ansioso, devi essere tranquillo e rispettare i loro tempi.
Per informazioni sull’adozione di un alveare: www.adottaunalvearebio.it